Sulle passerelle del MensWear
trionfano shorts, merletti, trasparenze, borse e borsette.
Il guardaroba Maschile si femminilizza
e noi proviamo a capire perché la virilità non è più di moda.
Se domani vostro marito andrà in ufficio indossando la giacca sulla pelle nuda, senza camicia, non stupitevi: l’ha vista su il Sole 24ore, nella pubblicità a tutta pagina di un famosa sartoria per gentiluomini.
Se stasera vostro figlio andrà allo stadio indossando le ballerine, non stupitevi: le ha viste ai piedi di Wax, cantante finalista dell’ultimo stagione di Amici di Maria De Filippi.
Se il vostro migliore amico tiene cellulare e portafoglio nella piccola pochette con tracolla a spalla, non stupitevi: è il must dell’odierno guardaroba maschile.
Vostro marito, vostro figlio e il vostro amico sono uomini alla moda e ve lo diciamo con cognizione di causa perché in questi giorni stiamo seguendo i défilé MensWear per il prossimo anno: si è da poco chiuso Pitti Uomo a Firenze, è alle battute finali la Milano Fashion Week e il circo della moda è già volato a Parigi. Giornate al cardiopalma perché mai, come oggi, stiamo vedendo (in passerella, per lo meno) così tanti uomini con abiti dalla chiara e smaccata foggia femminile.
Ma... ora gli uomini si vestono da donne? Non proprio, di sicuro c'è che la moda sta proponendo e raccontando un maschio che indossa camicie trasparenti, che non disdegna i merletti, adora la gonna pantalone, le frange, le ruches e non si separa mai da quella bella borsetta con cui sostituisce la vecchia cartella da lavoro o l’immondo zainetto dietro la schiena.
Maschile Femminile
Non è certo una novità: da anni il “macho, macho” è out, ma oggi il guardaroba maschile sta subendo una chirurgica asportazione di tutti i codici, le regole, i canoni estetici che hanno dettato legge per almeno due secoli. Abbiamo visto in passerella giacche che diventano camiciole, le cravatte sono merletti fiorati, i pantaloni non ci sono praticamente più, sostituiti da bermuda spesso così corti da sembrare hotpants. Gli uomini rimpiazzano la camicia bottom down con una casacca in velour trasparente tempestata di fiori in organza? Probabilmente non tutti, ma assistiamo a un deciso e inequivocabilmente spostamento del baricentro perché mentre l’estetica maschile si femminilizza le donne continuano (elegantemente e orgogliosamente) a vestirsi da vere signore.
Da Unisex a Gender Fluid
Oltre il concetto di "Unisex” (ormai superato quanto i figli dei fiori e la rivoluzione sessuale che l'avevano generato) oggi c'è una vera e propria estetica "Gender Fluid" secondo la quale l’abito non è più pensato per essere indossato esclusivamente da un maschio oppure da una femmina. La silhouette si unifica, si superano stereotipi tipo la seta per lei, la flanella per lui, ma soprattutto si afferma il sacrosanto diritto di abbigliarsi e acconciarsi in base ai propri gusti e non in base al proprio sesso biologico o al proprio orientamento sessuale. Semplice per le donne che con George Sand, Marlene Dietrich - e più recentemente - Fran Lebowitz e Kristen Stewart hanno ridimensionato e attutito la propria femminilità. Molto più difficile per gli uomini che fino a oggi si sono stolidamente e irriducibilmente vestiti da maschi.
La Moda" Binaria"
La moda sembra roba da donne ma è quasi sempre fatta dagli uomini. E infatti è piena di abiti che sono passati da lui a lei, mentre si contano sulla punta delle dita le vesti femminili che sono entrate a pieno titolo nel guardaroba maschile. Fino alla metà del '700 la moda non dava gran peso al sesso: i tacchi alti, la cipria, le parrucche sono indossati prima dagli uomini per poi passare alle donne. La rivoluzione industriale, invece, impone una vita più moderna e dinamica: gli abiti servono soprattutto per lavorare, la borghesia inventa nuove convenzioni sociali e il divario tra i generi si rafforza. Nell'800 l'eleganza inglese codifica i canoni maschili mentre a Parigi si inventa la couture per le dame della buona società. Ed ecco che la moda diventa "binaria", iniziando a viaggiare su due rotaie parallele ma ben divise: di qua le signore, di là i signori. E poi Chanel coi suoi tailleur e Armani con le sue giacche entrano nel mito. Sorte avversa spetta, poco dopo, a JP Gaultier, Marc Jacobs e Vivienne Westwood che creano gonne da uomo che meritano un posto nella storia della moda ma che in pochissimi hanno acquistato o addirittura indossato. Nel frattempo l'abbigliamento sportivo e lo streetwear, non a caso pensati per i più giovani, invadono il mercato di massa con felpe, pants, sneaker che non hanno sesso e che tutti indossano. L'orgoglio LGBTQAI+ ci mette il carico da dodici ed eccoci ad oggi, quando sono sempre meno le occasioni (non formali) in cui l’abito sia strettamente vincolato al sesso e un outfit sia scelto per ribadire o rivendicare la propria sessualità.
Choc. Firmato Saint Laurent
E poi, udite udite, Antony Vaccarello, alla guida del (ri)lanciassimo Saint Laurent, due anni fa presenta una collezione donna dall'eleganza suprema e femminilissima. Qualche mese dopo manda in passerella praticamente gli stessi abiti stavolta indossati da magrissimi ragazzi molto sofisticati. Choc. Ma la trovata funziona! Vaccarello sforbicia le convenzioni, drappeggia la tendenza che è nell'aria e afferma a colpi di organza che se un abito è bello lo è indipendentemente da chi lo indossa, maschio o femmina che sia.
Ovviamente in tutto questo c’entra il mercato: gli abiti “firmati” oggi si vendono soprattutto in oriente, mecca dei nuovi ricchi, dove i canoni maschili sono meno netti dei nostri. C’entrano i giovani che acquistano moda e che pretendono novità a getto continuo, rifiutando a priori tutto ciò che è imposto da generazioni. C’entra l’industria che deve sfornare decine di collezioni l’anno: la stessa idea declinata al maschile e al femminile è una bella tentazione per creatori e stilisti che vogliono farla facile e semplificarsi il lavoro. C’entra, ultimo ma non meno importante, il fatto che molte persone oggi non si riconoscono più nella binaria suddivisione tra maschio e femmina: una bella fascia di mercato che merita risposte a precise esigenze.
Noi, dal canto nostro, da tempo ci sforziamo (o per lo meno ci proviamo) di applicare la buona regola del “non stupitevi” se qualcuno si veste, si propone, si definisce al di fuori degli schemi.
Lo stupore deve essere di autentica meraviglia, se sottende un giudizio diventa snob. I tempi sono cambiati e finalmente c’è posto per tutti. Per il classicissimo elegantone Savile Row e per il trendsetter in piume di marabù.
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