Ieri Couturier, Designer, Stilista. Oggi Direttore Creativo.
Chi c'è dietro la Moda... e perché non possiamo fare a meno di lui?
Mentre il carrozzone (della moda) va avanti da sé e le Fashion Weeks si susseguono tra NY, Milano, Parigi e il resto del Mondo, siamo ancora scossi dal notizione che ha generato un immenso "wooow" tra quelli che amano la moda, la seguono, la interpretano e, caso mai, la indossano.
Stiamo parlando della nomina di Pharrell Williams (1973) a Direttore Creativo di Louis Vuitton Homme. Choc! Il ragazzo che cantava “Happy” ora è felicemente a capo del più importante brand di lusso e questo non è solo un notizione, è proprio una rivoluzione: un cantante / compositore / showman / produttore musicale / icona di stile che diventa un designer di moda. Ops, primo errore: Pharrell un designer? Sicuramente no, lui è un Direttore Creativo. Perché oggi la moda non si fa e non si vende disegnando figurini, scegliendo tessuti o maneggiando ago e filo. Oggi la moda la fa il Direttore Creativo che ha la “visione” e indica la via della creazione. E’ Dio. E la moda è l’oppio dei fashonisti.
Il Direttore Creativo non fa vestiti (a quello ci pensa il suo “ufficio stile”), fa miracoli che mandano in estasi una moltitudine di proseliti edonisti e spendaccioni. Il Direttore Creativo moltiplica pani, pesci, abiti, accessori, profumi che non sono solo oggetti ma simboli, feticci, totem, amuleti dell'imperante consumismo.
C'ERA UNA VOLTA... IL CREATORE.
Oggi Direttore Creativo, ieri Designer o Stilista, l'altro ieri Couturier e prima ancora Creatore come Paul Poiret(1879-1944), che a inizio '900 inventa il concetto di Atelier (il suo leggendario palazzo, casa, laboratorio, negozio in Avenue d'Antin a Parigi), codifica la Haute Couture, estende la sua produzione a accessori, arredamento e profumi, introduce pubblicità e marketing nei laboratori di sartoria. E' la nascita di un Mito.
Passano gli anni, le mode e, tra le due Guerre Mondiali, il Mito prende forma in colei che butta alle ortiche stringhe e corsetti per avvolgere le donne di perle e catene. Qualche anno ancora e il Mito arriva ad Avenue Montaigne, dove un discreto gentiluomo ridisegna la silhouette femminile e inventa il New Look mentre, una strada più in là, un signore spagnolo veste le gran dame a forma di trapezio.
Bei tempi: Coco Chanel (1883 - 1971), Christian Dior (1905 - 1957) e Cristóbal Balenciaga (1895 - 1972) dovevano semplicemente creare l’abito perfetto, vestivano l’élite dell’élite e la moda si faceva negli atelier.
IL COUTURIER, OLTRE L'ATELIER.
Ma ecco che due amici, poi nemici e rivali, cambiano di nuovo le regole e danno una scossa all'atmosfera ovattata della moda fine anni '50. Uno è Yves Saint Laurent (1936-2008) il primo SexyCouturier che spoglia le donne per poi rivestirle con uno Smoking maschile. E' anche il primo CelebrityCouturier: genio e sregolatezza in una vita da star sotto le luci stroboscopiche dei locali alla moda. Si toglie il camice bianco di Monsieur Dior e posa nudo per la pubblicità del suo profumo. Scandalo!
L'altro è Karl Lagerfeld (1933-2019) che, al contrario, lavora nell’ombra e apre la strada al FreeLanceCouturier (antesignano del Direttore Creativo). Invece di creare un suo marchio si mette al servizio di altri atelier. Chloè, Fendi e soprattutto Chanel sono i brand con cui collabora adattando, di volta in volta, la sua creatività alla caratteristiche del marchio e alle esigenze del mercato. Rivoluzione!
Tra i due Halston (1932-1990), il primo WaspCouturier, afferma che c’è moda anche dall’altra parte dell’oceano. Simile a Saint Laurent per egocentrismo e abuso di droghe, simile a Lagerfeld nella capacità di vedere la moda come un prodotto commerciale. Esagera, dà di matto, perde il controllo e dissipa una fortuna. Anche i Couturier vanno in malora!
DESIGNER + STILISTI = FASHION BUSINESS.
Alla fine degli anni '70 la moda salta il fosso e diventa tutt'altra cosa. A Parigi le grandi Maison sono in crisi: Chanel, Dior, Balanciaga, YSL, Givenchy, Lanvin, Céline, Balmain stentano a sopravvivere anche perché quasi tutti i loro fondatori non ci sono più. Bernard Arnault (1949) e Francois Pinault (1936) acquistano i brand storici, smembrano e trasformano gli atelier, assumono giovani Designer - John Galliano (1960) e Alexander McQueen (1969 - 2010) tra tutti - chiamati a portare una boccata d'aria nuova tra orli e merletti ingialliti. Con loro Azzadine Alaïa (1935 - 2017), Thierry Mugler (1945 - 2022), Jean Paul Gaultier (1952) e molti altri modernizzano il concetto di moda sotto la Tour Eiffel.
A Milano, nel frattempo, nasce il Made in Italy e Giorgio Armani (1934), con Valentino, Krizia, Ferrè, Missoni, Fendi, Biagiotti, Moschino, Soprani, e più tardi Prada, ci insegna come bilanciare con successo creatività e imprenditoria. Da noi si chiamiamo stilisti e il loro compito è quello di proporre e imporre uno stile prevedendo, assecondando e amplificando le richieste dei consumatori.
Ne sanno qualcosa Domenico Dolce (1958) e Stefano Gabbana (1962) che non creano abiti ma assemblano look. Sono stylist, appunto: saccheggiano liberamente il guardaroba ideale per inventare qualcosa di nuovo con ciò che nuovo non è.
A differenza dei Couturier, i Designer e gli Stilisti non sono maniaci della creazione fine a se stessa. Rielaborano, ammodernano, interpretano, decontestualizzano partendo dalla realtà e rimanendo saldamente coi piedi per terra. Controcorrente, Gianni Versace (1946 - 1997) si definisce sempre e per sempre un Couturier, ma il suo sogno viene spezzato troppo presto.
E ORA CHIAMATELI "DIRETTORI CREATIVI".
Altro giro, altra corsa. Il Mito si trasforma ancora e il Designer / Stilista diventa Direttore Creativo. Nel circo della moda volteggiamo giovani trapezisti e a Tom Ford (1961) riesce il doppio salto mortale: con lui Gucci e Saint Laurent passano dall’oblio alla ribalta.
Nuovo millennio: mentre diminuisce il numero di designer che creano con il proprio nome, ai tanti Direttori Creativi spetta l’ingrato compito di rianimare brand in attesa dell'estrema unzione: mica facile. Ci riesce perfettamente Alessandro Michele (1972) che non solo dà nuovo splendore alle doppie G, ma in soli sette anni stravolge l’immaginario collettivo cambiando per sempre i codici della moda e dell'estetica.
Direttori Creativi, Brand, accordi e disaccordi. Molte storie sono belle, altre meno. Abbiamo assistito a clamorose rotture (Daniel Lee sbatte la porta e lascia Bottega Veneta), fortune altalenanti (Riccardo Tiscitrionfa con Givenchy ma fallisce con Burberry), dolorose separazioni (Phoebe Philo lascia Céline al top e più di un fashionista si taglia le vene), affiancamenti (Miuccia Prada chiama accanto a sé Raf Simons e così abbiamo insieme una Stilista e un Direttore Creativo: la strana coppia), accavallamenti (come fa Kim Jones a disegnare contemporaneamente Fendi Donna e Dior Uomo?)
E poi c’è Demna (1981), che trasforma Balenciaga in un manifesto politico. Mai un brand di moda è stato così rimpinzato di messaggi che sono veri e propri statement di rottura. Crea moda distruggendo la moda e causando più di uno svenimento nei front row delle sue sfilate. Ecco, probabilmente Demna rappresenta al meglio l’idea di Direttore Creativo oggi.
E torniamo a Pharrell che eredita l’immenso lavoro fatto dal suo predecessore, quell’instancabile Virgil Abloh (1980 - 2021) che ha trasformato lo street wear in lusso puro, che ha portato Louis Vuitton Homme ad essere non solo il brand più hip degli ultimi anni, ma un vero e proprio fenomeno mediatico (ne abbiamo già parlato nella precedente newsletter). Gli occhi sono tutti puntati sul logo LV: perché la scelta di Pharrell (ancor prima che Pharrell stesso) è una vera e propria rivoluzione: Monsieur Arnault e i suoi manager di LVMH ci dicono che la moda oggi è più che mai un fenomeno globale e che la direzione creativa va affidata a geni capaci di mettere in un abito o in un accessorio tutto il nostro mondo.
Ad un Direttore Creativo non viene più richiesta una salda esperienza nella moda ma spiccate doti messianiche nel prevedere con precisione ciò che sarà di noi. Il tutto corroborato da un po' di furbizia, un cicinin di buon gusto, una spiccata propensione allo scandalo e una profonda conoscenza dei meccanismi del marketing e della comunicazione.
E dopo il Direttore Creativo cosa ci aspetta? Beh, probabilmente la moda di domani la faremo interpellando Chat GPT che utilizzerà l'AI per creare l'outfit giusto per una serata nel Metaverso.
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