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Dopo tante frivolezze è in arrivo uno stile più attento, avveduto e morigerato: era ora.


Non è più tempo di frivolezze: a quanto pare l’imberbe 2024 sarà l’anno del rigore. Chi lo dice? Di sicuro i trend-setter ben informati e, in generale, chi annusa lo zeitgeist e ha un po’ di sale in zucca. Con due guerre dietro casa, la crisi climatica, l’instabilità geopolitica, l’inflazione galoppante c’è poco da scherzare e si fatica a star sereni.

Per il mercato, il 2023 è iniziato bene e finito male con inaspettati cali di fatturato in quasi tutti i comparti dalla moda, al lusso, all’edilizia, all’automotive, alla grande distribuzione.

Le previsioni non sono incoraggianti, sarà anche per questo che ci ritroviamo nel bel mezzo di una controriforma che invoca uno stile più attento, avveduto e morigerato in contrasto con le stravaganze massimaliste in auge fino a ieri.

Il cambio di rotta l’avevamo percepito con il quiet luxury (di cui abbiamo parlato qui), l’unica tendenza degna di nota nel 2023, che proclamava l’acquisto di beni di lusso minimali, senza tempo, oltre le mode e le ostentazioni. Per l’anno in corso si prevede la cancellazione dell’aggettivo luxury in favore del più quieto rigore. Rigore nelle scelte sempre più lungimiranti, negli atteggiamenti sempre più consapevoli, nelle aspettative sempre più alte.




Calano gli acquisti d'impulso.

Rigore che penalizza un mercato fuori di testa con prezzi alle stelle, qualità in caduta libera e sostenibilità dichiarata ma non attuata.

Calano le vendite perché calano gli acquisti di impulso: gli uffici marketing hanno già capito l’antifona e tirano i remi in barca mentre, per tutti noi, il vero lusso è acquistare a cuor leggero. Non è solo un problema di prezzi, è anche un problema di valore.

I Gen Z per esempio, hanno  da tempo rivalutato e adottato il cosiddetto uniform dressing, l’arte (perché è un’arte) del vestirsi sempre uguale seppur in modo creativo e individualmente unico: un atto di rigore contro la moda imperante che si ostina a sfornare tendenze effimere e inefficaci.

Noi, più agés, ripensando alle nonne che acquistavano il lusso nell’assoluta certezza di portare a casa qualità ed esclusività, ci mettiamo alla ricerca di oggetti che siano ben fatti, con un prezzo adeguato, che raccontino una storia e che comunichino attraverso uno stile proprio. Sarà questo il nuovo lusso?




Salgono gli artigiani e il pre-loved.

Sarà forse per questo che l’artigianato in piccole produzioni, più vicino al cliente finale, risente meno della crisi? Se la cava benissimo anche il pre-loved (second hand) che dà valore al tempo ed è un buon esempio di sostenibilità.

Se davvero questo sarà l’anno del rigore, sarà anche l’anno in cui (ri)cominceremo a dare alle nostre scelte e ai nostri acquisti un valore politico.

Politico nel senso che, oggi più che mai, tutto è in relazione con tutto e ciascuno di noi è legato agli altri in una “polis”. Per questo ogni volta che scegliamo diamo un orientamento che potrebbe incidere sulle scelte degli altri.

E visto che il pianeta soffre, la gente muore, i virus spopolano e le disparità aumentano forse un po’ di rigore ci sta tutto.



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